Restoration of the Ghisilardi Chapel by Baldassarre Peruzzi

The Ghisilardi Chapel was built between 1530 and 1534 to a design by Baldassarre Peruzzi, architect of the factory of St. Peter's in Rome and master of the Bolognese Sebastiano Serlio. The direction of the building site was entrusted to the local master Jacopo Ranuzzi, known for a heated dispute a few years later with Vignola as the first architect of the factory of St. Petronio.
The layout of the chapel reveals its antiquarian sepulchral connotations: a contracted Greek cross with four free columns at the corners, which Peruzzi continued to repropose unsuccessfully in the last projects of his life, in St. Peter's in Rome and in San Domenico in Siena. The Ghisilardi chapel was tampered with by Carlo Francesco Dotti who, during the extensive work to reorganise the church, between 1728 and 1732, concealed the first three chapels on the left (Ghisilardi, Boni-Solimeli and Bonafé-Volta), brutally carving out as many identical chapels from them. Since then, the chapel has the side facing the church cluttered with the chapel of Blessed Ceslao, through which one must pass to enter.
Il restauro ha migliorato la leggibilità dell’antico interno cinquecentesco pensato da Peruzzi, liberando il terzo angolo della cappella. Gli intonaci parietali, i risalti plastici scolpiti nell’arenaria da Alfonso Lombardi, l’altare tardo cinquecentesco di Pietro Fiorini, come il fregio dipinto sono stati descialbati e consolidati superficialmente.
With the completion of the restoration work, the altarpiece made by Lorenzo Sabatini for Antonio Ghisilardi in 1572 depicting Christ in Glory with Saints Bartholomew, Louis of France and Anthony of Padua, which had been on display in the diocesan museum since 1946, was also relocated.

Il progetto si pose di migliorare la leggibilità dell’antico interno cinquecentesco pensato da Peruzzi. L’occasione fu offerta dalla precarietà statica di una porzione del muro di fondo della cappelletta Ceslao, che risultò essere realizzato a sacco e non immorsato alla controfacciata verso piazza S. Domenico e dunque pericolosamente instabile. Con la sua demolizione si è liberato il terzo angolo della cappella facilitando la ricostruzione dell’originario impianto. Gli intonaci paretali sono stati ricostruiti solo nello strato superiore di finitura, dopo essere stati raschiati con spatole, levigati con carta vetrata, spolverati e fissati. Mentre i risalti plastici scolpiti nell’arenaria da Alfonso Lombardi, nonché l’altare tardo cinquecentesco di Pietro Fiorini, sono stati descialbati e consolidati superficialmente. Una metodologia, a mezzo di micro e macro-sabbiature con diversi ugelli e inerti, è stata adottata per i capitelli corinzi e per i capitelli compositi sulle colonne libere.
Il recupero del fregio dipinto ha necessitato una lavorazione assai onerosa, poiché lo scialbo a calce che lo ricopriva era intimamente connesso ad esso. La pittura del fregio non era stata realizzata a fresco, ma con una tecnica assai diffusa che impiegava pigmenti naturali stemperati nella calce e stesi a secco. Con il tempo i pigmenti avevano perso l’adesione con il loro legante per cui parte della pittura venne inglobata dallo scialbo stesovi sopra. Per la rimozione dello scialbo si è dovuto scegliere il metodo meno invasivo, vale a dire quello meccanico, senza prefissaggio, né strappo. Al fine di preservare i pigmenti dall’attacco biologico e biodeteriogeno si è in seguito provveduto al fissaggio del fregio tramite una resina acrilica, stesa con una velina (carta giapponese) interposta per proteggere al massimo la campitura. Fissate anche le poche parti in pastiglia sopravvissute, è stata operata una reintegrazione pittorica ad acquerello intervenendo solo sullo sfondo azzurro della decorazione.
Il monumento sepolcrale si presentava coperto da diversi strati, che la normale indagine stratigrafica non consentiva d’individuare e distinguere con precisione nella loro successione. Abbiamo pertanto prelevato alcuni campioni per sottoporli all’osservazione microscopica. Essa ha rivelato per il gruppo con il Padre Eterno e per il Cristo in piedi una finitura bianca (a calce) dello stucco a base di gesso, per i busti di Bartolomeo e Ludovico Ghisilardi e le targhe, una campitura rossa sopra lo stucco. L’ipotesi che il monumento sepolcrale possa essere stato realizzato in due tempi potrebbe trovare un’ulteriore elemento di conferma. Non solo il Dio Padre in gloria ma pure il Cristo benedicente potrebbe venire assegnato al Lombardi, lasciando al Fiorini “figure grande et mascare tavoloze et scartozamenti et altre bizarie” con tutta l’approssimazione con cui sono restituiti: i busti di Bartolomeo e Ludovico sembrano prodotti in serie, tanto i caratteri fisiognomici sono sovrapponibili l’uno con l’altro.
With the completion of the restoration work, the altarpiece made by Lorenzo Sabatini for Antonio Ghisilardi in 1572 depicting Christ in Glory with Saints Bartholomew, Louis of France and Anthony of Padua, which had been on display in the diocesan museum since 1946, was also relocated.
L’esterno della cappella è stato sottoposto a un intervento di manutenzione, senza alcuna opera di ricostruzione, a esclusione della reintegrazione dei corsi di malta cementizia del basamento che sono stati scalpellati e ricostruiti con una malta a coccio-pesto. Le due facciate interessate, quella a ovest e a nord, sono state sabbiate, idrolavate e infine protette con una soluzione idrorepellente. Resti di sagramatura sono apparsi su entrambe le pareti senza distinzione fra le parti decorative e gli sfondati.

  • Location

    Bologna, San Domenico

  • Year

    2002-2003

  • Client

    Convento Patriarcale di San Domenico Fondo Edifici Culto, Ministero dell’Interno

  • Construction site safety

    Umberto Sassatelli

  • Restoration Company

    Laboratorio degli Angeli srl

  • Construction company

    Montanari srl

  • Financial contribution

    Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna

Disegno del dotti del 1700

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