Risarcire la lacuna per conservare la memoria – Il mancato restauro del Ponte Morandi
Il 14 agosto 2018 un tratto del viadotto sul Polcevera di Genova è crollato causando la morte di 43 persone. Nonostante l’importanza storica di quest’opera e del suo autore, l’ingegnere Riccardo Morandi, l’ipotesi di un restauro non è mai stata presa in considerazione: si è subito optato per la demolizione. Perché questo accanimento?
Il 14 agosto 2018 un tratto del viadotto sul Polcevera di Genova, opera del grande ingegnere Riccardo Morandi – uno dei riferimenti imprescindibili per la storia delle strutture italiane del secondo Novecento – è crollato causando la morte di 43 persone. L’8 febbraio 2019 iniziava la sua totale demolizone che si completava il 28 giugno successivo.
Molte sono state le voci autorevoli che si sono dichiarate contrarie al suo abbattimento, portando argomentazioni tecniche ed economiche assolutamente condivisibili, rimaste però del tutto inascoltate. Ricostruire il moncone collassato e consolidare il resto della struttura sarebbe stato fattibilissimo, anche perché in parte già si era iniziato a farlo nei primi anni Novanta con il retrofitting degli stralli della pila 11. Riparazione che si sarebbe potuta continuare, magari mettendo in campo soluzioni tecniche improntate a un minore impatto estetico e alla conservazione dei profili morandiani, sull’esempio del restauro effettuato sull’omologo viadotto di Wadi al-Kuf in Libia, tra il 1996 e il 2000.
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